Rodeo Austin - Outdoor Stage
(15 Marzo - Austin, Tx)
mercoledì 3 settembre 2008
Rodeo Austin 2008: Hayes Carll
Pubblicato da Cheapo alle 15:45
Etichette: Hayes Carll
venerdì 22 agosto 2008
Rodeo Austin 2008: The Band of Heathens
Rodeo Austin - Outdoor Stage
(15 Marzo - Austin, Tx)
Pubblicato da Cheapo alle 14:16
Etichette: The Band of Heathens
domenica 20 luglio 2008
Rodeo Austin 2008: Walt Wilkins & The Mystiqueros
Rodeo Austin - Outdoor Stage
(11 Marzo - Austin, Tx)
Pubblicato da Cheapo alle 15:05
Etichette: Walt Wilkins and The Mystiqueros
lunedì 14 luglio 2008
SXSW 2008: The Whipsaws
Ten Day Bender ha permesso ai The Whipsaws di diventare la indiscussa, miglior band dell’Alaska. Si potrebbe obiettare sull’effettiva presenza di alternative al freddo di Anchorage, specialmente se in quella terra (tralaltro è lo stato più esteso degli Stati Uniti), quelle strade sono infestate dal country (molto alternative nel disco d’esordio). Il rock invece, sfuriate alla Uncle Tupelo per essere realistici, predominano invece il secondo lavoro 60 Watt Avenue e che Evan Phillips cattura e infonde tramite la sua voce tra gemiti e rasoiate incendiarie, per canzoni fresche pervase dal cuore dell’america. Insieme dal 2002, negli ultimi 5 anni hanno girato parecchio suonando nei più svariati bar del circondario del nord america, arrivano al secondo cd sotto la produzione di John Agnello (Son Volt, The Hold Steady) e con la supervisione di Tim Easton (con il quale dividono il palco in giro per gli U.S.A. a supporto del nuovo disco Porcupine).
Pubblicato da Cheapo alle 16:25
Etichette: The Whipsaws
domenica 6 luglio 2008
SXSW 2008: Mando Saenz
Waterloo Ice House
(14 Marzo - Austin, Tx)
Pubblicato da Cheapo alle 18:35
Etichette: Mando Saenz
domenica 29 giugno 2008
SXSW 2008: Drew Kennedy
Drew Kennedy ha iniziato a girovagare dal 2000 con la chitarra regalatagli dal nonno e questo lungo peregrinare lo ha portato 7 anni dopo in Texas, oramai divenuta la sua terra dove ha inciso Dollar Theatre Movie prodotto da Gerald Boyd: 13 canzoni, un misto di ballate rock elettro-acustiche con spruzzate country, canzoni in cui si notano influenze che vanno da un Guy Clark fino al Ryan Adams più introspettivo. "These songs are a part of me," dice drew, "Some of them are introspective, some of them were born out of the things i've seen out on the road, but all of them deal with the way we feel as we're trying to fit in with the rest of the world.” Questo è lo spirito con cui è nato Dollar theatre Movie registrato nell’arco di sette mesi al Premium Recording Studio in Austin, TX, e segue il suo esordio del 2003 auto-prodotto Hillbilly Pilgrim. Le canzoni hanno un fascino particolare, si poggiano molto alla sua voce carismatica capace di tessere armonie che il gioco delle chitarre a volte più ficcanti e dirette, a volte più corale e mischiate al country tra banjo e chitarre acustiche/elettriche, lasciano una bella scia.
Pubblicato da Cheapo alle 18:31
Etichette: Drew Kennedy
domenica 15 giugno 2008
SXSW 2008: Mark Jungers
Texano per adozione (è nato a Bird Island, Minnesota), Mark Jungers ha suonato in mezza America e si è spostato spesso dalla scena di Austin a quella di Minneapolis. Ha fatto il solista, quindi ha formato una band con Greg Schilling, Chris Staples e Vie Gerard, Straight Up. Ha suonato per parecchio tempo con loro, esibendosi nei migliori locali di Austin sino a che Staples e Gerard non sono andati coi Derailers. Allora il nostro ha messo assieme un'altra band, con Dave Ray, The Masons, che ha riscosso parecchio successo ad Austin. Si è spostato per un certo periodo nel Connecticut, dove ha formato l'ennesima band, The Motel Prechers, quindi, alla fine della decade appena trascorsa è tornato in Texas. Qui ha inciso Black Limousine con la produzione dell'amico Dave Ray: il disco, ben suonato e prodotto in modo assolutamente professionale in cui ogni canzone combina alla perfezione un lirismo molto personale ad una strumentazione ricca. E, puntualmente, Jungers ha confermato coi fatti di essere un musicista vero con il successivo Standing in Your Way, 13 canzoni per cinquanta minuti, dimostrando il suo talento in un disco solido, ben suonato, arrangiato con gusto, con ballate di spessore, cantate con il cuore. Con One For The Crow compie se possibile un ulteriore passo in avanti, diventando a tutti gli effetti il lavoro più vario e ispirato di questo affidabile songwriter. L'apporto dei Whistling Mules, una band ormai rodata che lo accompagna da diversi anni, è essenziale nel tracciare le coordinate delle canzoni. L'affiatamento si percepisce nella gioiosa costruzione dei brani, lineari, fedeli alle proprie radici, ma anche lontani dal suono preconfezionato di alcune recenti produzioni di Americana. Quarto lavoro con Silos and Smokestacks, un altro tassello alla sua discografia, onesta come le sue canzoni, senza pretese ma che catturano appieno lo spirito americano. Mark scrive e canta sull’essenza della vita dell’uomo, quella dove il country, il roots-rock e l’anima folk riescono bene a delinearne i tratti salienti, tra famiglia e storie di vita ordinaria. La sua reputazione nel circondario cantautorale texano continua a crescere come la bellezza delle sue canzoni.
Pubblicato da Cheapo alle 23:10
Etichette: Mark Jungers
domenica 18 maggio 2008
SXSW 2008: Mike Rosenthal
Mike Rosenthal era un heartland rocker, messosi sulla scia di gente come Mike Ryan, Kevin Bowe e Jason Reed. Originario di New York, Mark vive da tempo ad Austin con un disco d'esordio Mike Rosenthal di buon valore, con la sua miscela di rock elettrico e country intrigante. Ballate elettriche, in cui elementi country e roots entrano solidamente nel suono. Il successivo Movin' In non apporta molto di nuovo, ma è prodotto meglio ed il suono è ancora più chitarristico, più stradaiolo. Dato per disperso, ricompare sulle scene musicali alla fine dello scorso anno, dopo ben cinque anni, con il terzo cd, Home. Il rock è scomparso, le sonorità pop prendono largo e forse sono quelle che cercava, con la chitarra acustica sempre in primo piano e le tastiere/piano di Chris Sater e il basso di bradley Oliver ad abbracciare la sua voce nel raccontare storie di cambiamenti e di ricerca dell’amore. A sentire la stampa americana ad Home associano una magia ritrovata ma di anni passati, canzoni e modo di cantare che accostano Mike Rosenthal ai vinili di James Taylor: potrei essere d’accordo, ma il ricordo delle sfuriate di Movin’ In incidono parecchio sulle 10 nuove canzoni di Home, che non sono affatto molliccie, ma delicate e anti-folk ed alcune davvero deliziose da ascoltare. Peccato solo che abbia deciso di lasciare in soffitta le chitarre elettriche.
Pubblicato da Cheapo alle 17:35
Etichette: Mike Rosenthal
domenica 4 maggio 2008
Rodeo 2008: Mike Ethan Messick
Pubblicato da Cheapo alle 11:00
Etichette: Mike Ethan Messick
domenica 20 aprile 2008
SXSW 2008: Austin Collins
Austin Collins dichiara di aver preso seriamente in considerazione l'arte del songwriting in tarda età, dopo gli anni del college: giudicando dai risultati impressi nell'esordio per la piccola label texana della Fat Caddy, abbiamo di che stupirci. Costruzione melodica, arrangiamenti e liriche danno la dimensione di un personaggio molto più consumato dagli studi di registrazione e dai palchi della sua omonima Austin. Something Better è un debutto coi fiocchi, un centro assoluto che ci presenta una delle nuove voci più interessanti del panorama country rock. Si continua con Roses are Black, altro signor disco da uno capace di accostare ad una voce interessante una serie di smaliziate ballate di Americana suggestive e piacevoli. Austin Collins imbraccia la chitarra elettrica e sposta il suo animo folky verso un rock arioso e a tratti ruvido ma senza dimenticare le sue ballate.
Pubblicato da Cheapo alle 18:39
Etichette: Austin Collins
sabato 23 febbraio 2008
Rodeo Austin 2006: Eli Young Band, Randy Rogers Band, Aaron Watson
(15 Marzo - Austin, Tx)
Mike Eli e James Young sono i leaders di un quartetto texano piuttosto giovane, soltanto rock. Il primo si intitolava semplicemente Eli Young Band più embrionale rispetto al buon Level entrambi colmi di canzoni semplici che hanno un respiro proprio, che dosano sentimento e melodia, che parlano di gioventù, speranze, passioni, piccole città di provincia. I testi sono più maturi di quanto si possa pensare, il resto lo fa la musica. Live at the Jolly Fox inciso durante un concerto tenuto nella primavera del 2006 a Huntsville, Texas e conferma la solidità e la vitalità del quartetto.
Rodeo Austin - Outdoor Stage
La Randy Rogers Band è l'ultima evoluzione di una ideale scena in cui potremmo includere i Reckless Kelly e Jason Boland & the Stragglers, per il versante più tradizionalista, e i Cross Canadian Ragweed, per quello decisamente più rock. Il successo lo trovano con Rollercoaster, il terzo disco di questa formazione nata intorno al songwriting di Randy Rogers, un ragazzone di San Marcos che ha passato tutta la trafila dai piccoli club ai grandi festival. Dalle esibizioni solo chitarra e voce al Chatam Street Warehouse si è lentamente allargato, formando una solida band, con cui ha registrato un propedeutico live ed il più maturo Like It Used To Be nel 2002. Il salto di qualità è arrivato grazie anche all'accorta produzione di Radney Foster, una vecchia volpe del circuito roots texano, che ha puntato tutte le carte sul corposo country rock del gruppo, mettendo in primo piano le chitarre assassine di Geoffrey Hill e soprattutto il violino di Brady Black, tassello fondamentale nel sound della Randy Rogers Band, spesso utilizzato come strumento solista. Chiude Just A Matter Of Time uno dei migliori dischi di hard country sentiti ultimamente, anche perché, oltre ad essere suonato bene, è anche sostenuto da ottime canzoni.
Rodeo Austin - Outdoor Stage
(14 Marzo - Austin, Tx)
Aaron Watson, un giovanotto texano d.o.c. nato ad Amarillo e cresciuto a base di country music & baseball che tra le sue influenze ispirative predilige citare i nomi di Willie Nelson, Waylon Jennings, Merle Haggard, Dwight Yoakam, George Jones e qualche altro outlaw e questo già la dice lunga sui gusti del nostro. E se A Texas Café rappresenta un discreto esordio giovanile dalle buone prospettive e dalle positive intuizioni, è con il successivo Stut Up And Dance (2002) che il ragazzo si fa notare e ci consegna un album maturo e del tutto riuscito [grazie anche ai suggerimenti di quella vecchia volpe che è Lloyd Maines]. Seguono altri due ottimi dischi, The Honky Tonk Kid e Live at The Texas Hall of Fame per un vero honky tonk man texano, uno di quelli che hanno la musica nel sangue e che badano al sodo senza tanti preamboli, e per il quale i dischi in studio sono quasi un pretesto per risuonarli dal vivo. Anche in San Angelo Watson non si smentisce: il suono è vibrante, a fianco dei tradizionali violini e steel trovano grande spazio le chitarre ed una sezione ritmica tostissima, e anche nelle ballate Aaron non si perde in stucchevoli melensaggini ma colpisce dritto al cuore. Poi viene pubblicato in tiratura limitata Barbed Wire Halo, dove Aaron Watson omaggia la musica gospel chiamando a se la partecipazione della Wesley United Methodist e Billy Joe Shaver. Altro album di spessore, come tutti gli altri!
Pubblicato da Cheapo alle 22:34
Etichette: Aaron Watson, Eli Young Band, Randy Rogers Band
domenica 27 gennaio 2008
SXSW 2005: James McMurtry
foto: Continental Club
Figlio d'arte,il padre vinse un premio Pulitzer con la novella THE LAST PICTURE SHOW (da cui il film L'ULTIMO SPETTACOLO di Peter Bogdanovich), James McMurtry esordisce alla fine degli anni ottanta con l'aria malinconica e dimessa di chi si è fermato dieci anni prima. Capelli lunghi spettinati, occhialini alla Lennon, giacca irreperibile anche ad un mercato delle pulci, smorfia di disgusto, James McMurtry sembra sottindendere un presente ben più stolto del passato. Su una strada polverosa ed una vegetazione stecchita dal freddo, eloquente sfondo di copertina del suo TOO LONG IN THE WASTELAND, McMurtry ritrova lo spirito amaro e laconico delle canzoni di treni e di vagabondi. Candyland altre dieci canzoni e testimonianze spedite dalla provincia (americana o meno), da quella terra desolata nei passaggi e nelle prospettive ma viva negli uomini e nelle donne che l'abitano, persone il cui sogno, principale e unico, è andarsene. Agli orizzonti piatti, alle goffe crudeltà, all'ordinario e monotono svolgersi dei giorni James McMurtry oppone lo sconfinato, liberatorio emisfero della fantasia e della narrazione. Where'd you hide the body si conferma un lavoro molto interessante, It had to happen altro signor disco, di quelli che si ascoltano per lungo, lungo tempo, e che non stancano minimamente. Sullo stesso piano del tanto decantato esordio, a livello musicale gli è anche superiore, e compositivamente parlando non gli è certamente inferiore. It Had To Happen è sicuramente uno dei migliori della sua breve carriera e il seguente Walk Between the Raindrops, non è certamente inferiore. Capolavoro quello di Saint Mary of the Woods che ha due punti di riferimento basilari: la voce secca e talvolta monotematica dell'autore e la sua chitarra intensa e sudata, che sparge note taglienti e scarnificate. Il suono è tipico di una jam notturna, con gli strumenti che ogni tanto se ne vanno per la tangente, un suono diretto e potente. Rock al cento percento come in Live in Aught Three il primo disco dal vivo di James. Un disco arcigno e sudato, chiarristico ed essenziale, che non concede nulla alla teatralità, ma lascia grande spazio alle canzoni del nostro, alla sua chitarra, alla sezione ritmica dei Bastardi Senza cuore, la sua band. The Heartless Bastards sono Darren Hess, batteria, uno stantuffo, e Ronnie Johnson, basso, una locomotiva. Poi c'è la musica: settantotto minuti vitali, suonati con il cuore, cantati con forza. Childish Things invece è la somma definitiva non soltanto delle sue abilità di songwriter (tra i migliori in assoluto della sua generazione) e di musicista, nonché di una coerenza tanto cristallina da sembrare monotona, ma anche di un atteggiamento di rifiuto totale dei moderni clichés, dei luoghi comuni e delle banalità. Non per ultimo Just us Kids lche ascia una scia di attrattiva che non ti consente di restarne indifferente. Un gran songwriter, grande musica!!!
Pubblicato da Cheapo alle 19:59
Etichette: James McMurtry
sabato 12 gennaio 2008
SXSW 2006: Nels Andrews
(15 Marzo - Austin, Tx)
Sunday Shoes una bella sorpresa per Nels Andrews, cantautore del New Mexico, dalle sonorità profonde ed introspettive. Dotato di una voce calda, Andrews sa costruire melodie intense in cui rock e radici vanno a braccetto. Ma non si tratta di un disco roots nel classico senso del termine, bensì di un album tipicamente cantautorale in cui Andrews, più di molti altri suoi colleghi, riesce a creare una musica decisamente personale, interiore e coinvolgente, che è legata al paesaggio che la cirdonda. Il New Mexico è una terra magica ed antica, piena di deserti ma anche di montagne e di zone molto verdi: migliaia di storie tra il reale ed il fantastico hanno sempre descritto il New Mexico come un posto unico al mondo. Ed Andrews riesce ad estrapolare questo senso di mistico e di magico che aleggia nei dintorni di Taos, Albuquerque e Santa Fé e lo mette in musica. Ed il risultato è un album dai toni sommessi, con una serie di ballate intense e ben costruite, suonato in modo secco e malinconico. La vita di Nels Andrews subisce parecchi cambiamenti ed ora vive in quel di New York ma il suo modo di scrivere non ha avuto flessioni, anche se nuove tonalità di colori, di suoni si intravvedono all’orizzonte. Sempre musica profonda e scarni arrangiamenti, il suo country-folk resta per palati fini e Off Tracking Betting, ha ancora con se il sound roots e desertico del New Mexico.
Pubblicato da Cheapo alle 18:49
Etichette: Nels Andrews